Nina Carini

Palermo, 1984
Shortlist

22° Premio Cairo

Nata a Palermo nel 1984. Vive e lavora tra Ginevra e Milano.

Il lungo rotolo che vediamo cadere dall’alto in preziosa carta giapponese, una sottilissima garza che solitamente viene utilizzata per rilegare i libri, è ricco di segni che paiono virgole intervallati da uno spazio bianco volutamente non riempito. Dipinti a mano con colori pastello nelle tonalità dell’acqua, vengono ripetuti da Nina Carini (Palermo, 1984) quotidianamente su moduli di due metri, quasi come in un rituale che ricorda le discipline orientali, arrivando a sembrare, nell’insieme, una partitura infinita composta da brevi pause, variabili incontrollate che vogliono comunicare ciò che non può essere espresso con parole o immagini. «Sono virgole, onde, respiri». In Forse eterno è un morso nel tempo, l’opera in concorso, ad acquisire importanza sono la ripetizione e gli intervalli tra un segno e un altro «come per conoscere il tempo». A terra, un puma trattiene con la bocca un lembo della carta. La scultura, in argilla bianca, ottenuta con la tecnica del colaggio, è volutamente lasciata grezza ed è caratterizzata solo da alcuni segni vicini agli occhi che per l’artista rappresentano «appunti di uno spazio sospeso». L’animale assume il ruolo di custode, è una figura primordiale che nasce da una ricerca sulle origini e sul mito. L’artista sembra chiedergli di proteggere l’infinito proprio come una madre protegge i suoi figli. Di fronte a questa installazione si generano interrogativi e incertezze, l’artista ci sollecita a riflettere sull’importanza di ciò che è immateriale come i pensieri, le parole e il tempo, portandoci sul confine tra visibile e invisibile.

 

Rischa Paterlini

Forse eterno è un morso nel tempo, 2023,

installazione, rotolo di garza di cotone washi dipinto, acquerello, matite colorate, scultura in argilla bianca, sistema di supporti in legno e ferro, dimensioni variabili,foto Petrò Gilberti